Poche cose dànno fastidio, a livello di pelle, come i "bisogni" degli altri.
Soprattutto quei bisogni nei confronti dei quali ci sentiamo totalmente impotenti... come il pianto di un neonato, certe richieste sono spesso insopportabili...
Poche cose dànno fastidio, a livello di pelle, come i "bisogni" degli altri.
Soprattutto quei bisogni nei confronti dei quali ci sentiamo totalmente impotenti... come il pianto di un neonato, certe richieste sono spesso insopportabili e il fastidio che ci procura l'urlo del bisogno è più forte della compassione... soprattutto quando non sappiamo come esaudire la richiesta e l'unica cosa che possiamo fare è ascoltare e condividere, ma non risolvere...
Chi non ha mai desiderato di avere il potere più bello, quello della guarigione, quando, nella sua vita normale di persona normale, ha incontrato per caso un disabile per strada, o un ammalato grave andando a trovare qualcuno in ospedale?
Possiamo dare soldi ai poveri, cibo agli affamati, asilo ai rifugiati, ma non la salute, non lo stato di normalità a chi normale non lo è più, o non lo è mai stato...
Certi bisogni ci urlano nelle orecchie e ci dànno fastidio, perché siamo totalmente impotenti, non solo a risolverli, ma addirittura ad affrontarli mentalmente e fisicamente...
Sono tetraplegico da tre anni e mezzo, senza alcuna possibilità di usare le mani. Mi è capitata una delle cose più terribili che si possa immaginare, un'infermità al confronto della cui gravità (peraltro sempre soggettiva) mille altre infermità impallidiscono.
Il mio stato attuale è talmente lontano da quello precedente che capisco bene come, molto più che la disattenzione, l'insensibilità o l'indifferenza conti l'assoluta "estraneità" della mia situazione (e di infinite altre simili) al normale percepire e vivere delle persone normali.
Quando ti capita, subisci tali stravolgimenti nelle cose più banali ed intime della vita quotidiana, che occorrono anni per accettarli: sono totalmente estranei e diversi da quello che per te, da normale, è sempre stato il normale modo di vivere, che non puoi non comprendere le difficoltà che le persone rimaste normali hanno a relazionarsi con te.
Non sanno da che parte prenderti, come toccarti, se farlo... non hanno la minima idea dei tuoi bisogni e le deformità che accompagnano il tuo stato fanno un po' "impressione", un po' "senso", forse anche un po' di ribrezzo per l'estraneità della cosa, per non essere abituati, per esempio, a toccare il corpo morto di un vivo.
È l'ignoranza ad essere colpevole? Come posso pretendere, con tutte le questioni che ci sono nel mondo e con tutte le mille, piccole, banali, insulse, effimere, importanti, quotidiane occupazioni che affannano (e rovinano) la vita di tutti ci sia più di qualche briciola di spazio per la marginalità sociale del mio destino?
È da molti anni che penso che il fatto stesso di avere un bisogno (di qualunque genere) non dia il diritto di vederlo soddisfatto, come sembra invece che la gente si sia abituata a pretendere.
E mi piacerebbe saper distinguere meglio tra ciò che, come normale gruppo di pressione fra i tanti, è giusto pretendere nella suddivisione delle risorse disponibili e quell'aspetto, così marcatamente rivendicativo, che a volte sembra nascondere una voglia di reintegrazione... come se una maggior considerazione sociale, una vera giustizia sanitaria e una conclamata solidarietà politica, potessero anche solo vagamente compensare quello che la vita ci ha tolto, o che non ci ha mai dato.
Potrei raccontare mille aneddoti sull'inefficienza, sulle bugie, sugli sprechi, sulle demenzialità burocratiche, su medici, infermieri, fisioterapisti, strutture sanitarie, primari e quant'altro... potrei anche arrovellarmi il cervello sulle conseguenze di certi ritardi, su qualche fatale sottovalutazione iniziale, su qualche responsabilità...
È giusto, sacrosanto e doveroso lavorare sull'innovazione normativa, sulla realizzazione di una maggiore giustizia sociale, sull'implementazione di una cultura della solidarietà che è sempre sotto la soglia della sufficienza...
Come sarebbe giusto strappare affari e ridurre profitti alle tante aziende che speculano sugli ausili con prezzi da mercato nero e assistenza da quarto mondo...
Il fastidio che ci dà l'urlo dei bisogni degli altri, però, non può essere estirpato per legge, ma solo da un nuovo modo di porsi in relazione.
Malgrado gli assistenti sociali, o gli assistenti domiciliari, o chicchessia che uno stato perfetto saprà, fra mille anni, fornirci, ci sarà qualcosa che l'uomo ha sempre dovuto conquistare, e che non ha mai potuto pagare, né pretendere: l'amore degli altri.
Grazie a Dio, ci sono i familiari (per chi li ha) o gli amici (per chi ha saputo sceglierseli), o le persone conosciute, per caso o per mestiere, con le quali riesci a comunicare, a instaurare un rapporto gratis, d'amore, appunto.
Ed è lì che ti accorgi dove davvero puoi cambiare il mondo: nel tuo mondo. Nel microcosmo delle tue relazioni personali e nella capacità di tenerle ad un livello che, a parte i grandi valori, possibilmente, non ti procuri ulteriori guai...
FerNando Imbriano
Robella d'Asti, luglio 2004
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