Ipotesi per un Coordinamento Piemontese delle Disabilità Motorie

Poiché le realtà locali sono spesso condizionate, e sempre più lo saranno in futuro, dalle politiche espresse a livello regionale, sappiamo che è necessario incidere anche a livello istituzionale. Per tale motivo proponiamo la costituzione di un Coordinamento Piemontese delle Disabilità Motorie.

Ipotesi  
per un coordinamento piemontese 
delle disabilità motorie
(e per rinnovare i rapporti con la società civile)



Tutti abbiamo constatato quanto sia difficile costituire organismi di rappresentanza che sappiano procedere verso obiettivi comuni. Ciò a causa della diffidenza e incomunicabilità dovute ad alcuni personalismi tra vecchi "guru" della disabilità, da storie pregresse, dai tipi di disabilità rappresentati in coordinamenti troppo sbilanciati sul versante delle disabilità intellettive. Viene così alimentato il pigro desiderio di restare accovacciati a godersi lo spazio che ciascuno si è saputo conquistare ed una troppo marcata contiguità con la politica, da cui discendono simpatie esplicite per questa o quella parte; si sono venute a costituire consorterie, spazi di potere, piccole clientele che forse risolvono qualche legittima aspettativa, ma costituiscono un grave ostacolo all'individuazione di una strategia condivisa e diventano controproducenti quando capita che gli interlocutori istituzionali cambino.
Il recente aggravarsi dei problemi comuni al mondo della disabilità, a causa delle generali difficoltà del Paese, dovrebbe forzarci a superare le divisioni e a dar vita ad un valido coordinamento che sappia interloquire autorevolmente con le istituzioni regionali. I problemi legati al territorio torinese da mesi condizionano l'attenzione delle principali associazioni, tutte peraltro operanti principalmente nella grande città, lasciando sostanzialmente non rappresentate tutte le realtà non metropolitane.
Considerate le difficoltà che si sono ripresentate nell'individuare una comune strategia d'azione tra i diversi interessi rappresentati, potrebbe essere il momento di cambiare approccio, facendo sì che siano le associazioni "periferiche" a proporre un nucleo di coordinamento piemontese che sia affrancato dalle difficoltà delle associazioni Torino-centriche e che sia dedicato alla specificità dei bisogni delle persone con disabilità motoria grave (a qualunque causa dovuta).
Tale coordinamento dovrebbe aggiornare anche il linguaggio, eliminandone accenti polemici o opinioni politiche, discutibili per definizione (tipo: "vendere un bombardiere per costruire un ospedale"). È importante avanzare proposte animate più da spirito collaborativo che rivendicativo: laddove si affrontano problemi di efficienza per migliorare il sistema, l'obiettivo primario prescinde dalle consuete e strumentali divisioni tra "guelfi e ghibellini". I tempi che stiamo vivendo non consentono di chiedere solo ulteriori risorse per il welfare, ma impongono di spendere meglio quelle a disposizione.

Un rinnovato Coordinamento Piemontese di disabili motori potrebbe coagularsi attorno ad alcuni temi che elenchiamo a puro titolo indicativo e non esaustivo e sui quali chiedere un confronto con la Regione.
1) C'è bisogno di chiarezza le certezze circa la prospettata abolizione dei Consorzi. Saranno sostituite da altri enti? Vi sarà il conseguente trasferimento di molti loro compiti alle ASL? L'affidamento ad un'unica struttura di compiti sanitari e socio-assistenziali richiede un monitoraggio attento per evitare che il periodo di transizione rischi di aggravare una situazione già difficile. Questa innovazione organizzativa potrà contribuire ad affrontare meglio le "zone grigie" tra sanità e assistenza, ma bisogna vigilare affinché non si corra il rischio di "sanitarizzare" l'assistenza.
2) Sviluppo dei progetti di Vita Indipendente ed omogeneità di interpretazione e applicazione delle linee guida su tutto il territorio.
3) Accessibilità, fruibilità ed omogeneità della mobilità pubblica.
4) Procurare che, in caso di ricovero ospedaliero, i mielolesi siano indirizzati prioritariamente alle Unità Spinali, specializzate nel trattamento globale di tutte le necessità, patologie e rischi connessi alla mielo-lesioni.
5) Perseguire l'omogeneità di intervento delle diverse ASL.
6) Realizzare piani individuali multidisciplinari personalizzati basandoli non soltanto su aspetti documentali, ma contestualizzando gli interventi alle reali situazioni ambientali, culturali, familiari degli interessati.. Ciò per essere più efficaci ed evitare sprechi e disfunzioni tipici di ogni standardizzazione (troppo per qualcuno e troppo poco per qualcun altro). Non si insisterà mai abbastanza su quanto, in assenza di controlli e di piani individuali multidisciplinari, l'aderenza formale alle regole sia spesso fonte di sprechi, elusioni, privilegi, furbizie. È in questo che si sostanzia il peggior tipo di ingiustizia: quella che si realizza nel nome della legalità.
7) Partecipazione all’attività di ricerca epidemiologica nel quadrante di competenza.
8) Analisi della differenza dei trattamenti somministrati agli invalidi civili rispetto a quelli del lavoro
9) Ci sono cose che possono essere migliorate a costo zero: la semplificazione normativa, favorire la partecipazione delle associazioni alla gestione e al monitoraggio degli interventi, facilitare/incentivare l'attivazione di reti tra i diversi ambiti di appartenenza.
10) Progettazione per l’utenza ampliata ed eliminazione delle barriere architettoniche. 
Ciascuno di noi è in grado di rappresentare quella parte di realtà che molti nostri interlocutori non hanno avuto la sventura di conoscere direttamente. Ed è questa una funzione importante: quella di descrivere situazioni totalmente fuori dalla conoscenza cui tali interlocutori possono attingere tramite i consueti canali. È poi compito della politica l'operare una sintesi tra le diverse esigenze e realtà che pervadono la società, dopo averle conosciute: a ciascuno il suo mestiere e le proprie conseguenti responsabilità.

Rapporti con la società civile
Un'ulteriore argomento da affrontare riguarda l'apertura al mondo del volontariato. La possibilità di instaurare collaborazioni con altre realtà organizzate può essere un utile mezzo per uscire il dall'invisibilità cui rischiamo di ridurci a causa dell'eccessiva attenzione al nostro particolare. A tale invisibilità non si pone rimedio solo con qualche manifestazione o convegno.
Né si è meno invisibili perché qualche storia personale assurge agli onori delle cronache, alimentando la strumentale polemica tra le opposte tesi che sembrano polarizzare i problemi delle persone con disabilità: quella di decidere se è meglio vivere o morire e quella di passare il tempo in attività ludico-sportive, artistiche o turistiche...
Come non ci fosse altro!...
La partecipazione alla vita civile, culturale e politica è la via maestra per presentarsi in un modo nuovo, più in sintonia con i tempi. Bisogna agire evitando che la disabilità sia percepita principalmente come una condizione che costringe a pretendere aiuto (in forza delle leggi o della pietà), ma come condizione che costringe a vivere un'esperienza che può essere messa al servizio della collettività. A questo proposito, proprio perché richiediamo l'erogazione di risorse cospicue, è un dovere civico dare un contributo all'individuazione di quelle sacche di inefficienza, inefficacia e spreco di cui siamo sovente testimoni.
Sappiamo per esperienza diretta l'importanza risolutiva della solidarietà tra persone (ben oltre agli effetti di quella dovuta per funzione!): è la stessa solidarietà che le nostre associazioni non solo chiedono a terzi, ma offrono ai propri associati, con una testimonianza di prossimità che è scuola di vita.
La condizione di crisi che il Paese sta vivendo, rappresenta anche un'opportunità: riscoprire la solidarietà interpersonale è operazione che produce benefici nella riparazione del tessuto sociale, disgregato da un edonismo e da un individualismo che, a parte qualunque valutazione di merito, non sono nemmeno più sostenibili.
Le difficoltà, presenti e future, impongono di riscoprire il valore di quella partecipazione alla vita della comunità, la cui assenza ha prodotto negli ultimi anni effetti nefasti. Le conseguenze di tali effetti sono oggi causa di una rinnovata partecipazione che sembra di nuovo fremere nel corpo sociale, sotto la spinta dell'aggravarsi di condizioni sempre più difficili e di prospettive sempre più incerte.
Conosciamo bene lo sforzo che ciascuno sta compiendo per star dietro alla propria quotidianità, ma il succo della proposta è fare, soprattutto, uno sforzo nell'atteggiamento culturale. L'impegno da profondere in più sarà sicuramente ricompensato dai benefici che ne deriveranno.
Sia come associazioni che come singole persone possiamo riaffermare la nostra identità e il nostro valore muovendoci nel mondo come attori e non come passivi fruitori di uno Stato sociale mai abbastanza evoluto. La riappropriazione della propria vita passa sempre attraverso un radicale cambiamento di prospettiva nell'agire.

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