È preoccupante, in tale elenco, l'assenza
di qualunque accenno alla disabilità come condizione portatrice di bisogni
diversi e ulteriori rispetto ad altre situazioni (quasi tutte) che godono del
privilegio di essere specificamente indicate.
La parola “disabili” compare nella
gestione dei servizi relativi al diritto allo studio, prevedendo il trasporto
di “allievi disabili”. Null’altro.
Se tali sono le premesse, si corre il
rischio che, a livello di programmazione e dislocazione delle risorse nei
rispettivi capitoli di spesa, quelle in favore della disabilità siano siano
destinate a non essere neppure pensate.
Siamo sinceramente convinti della
buona fede di chi sta tentando di occuparsi di queste difficili aree tematiche
del sistema del welfare cittadino, e vorremmo richiamare l’attenzione sugli
effetti dovuti ad una confusione che sta nel significato quotidianamente
attribuito al termine “non autosufficienza”.
L’assistenza sociale che offre
servizi di mensa, gestisce servizi per adulti in difficoltà o assistenza ai
migranti è di genere completamente diverso rispetto all’assistenza della quale
hanno bisogno le persone non autosufficienti.
Le persone non autosufficienti,
infatti non sono quelle che soffrono di una insufficienza economica, ambientale
o culturale, ma quei cittadini che “non
sono in grado di compiere gli atti ordinari della vita”.
Ogni risorsa destinata a garantire il
compimento di tali atti ordinari, pertanto, ha la finalità di portare questi
cittadini verso le medesime condizioni di partenza degli altri in termini di
possibilità fisica di sopravvivenza.
Ciò soprattutto quando la situazione
di non autosufficienza riguarda quelle persone con età inferiore ai 65 anni e in accordo al disposto del numero 3
dell’art. 3della legge 104/1992, che sono quelle alle quali vorremmo dar voce
in questo intervento.Probabilmente è per questa omissione di fondo che il Servizio Handicap e Disagio degli Adulti, competente per i servizi a sostegno delle persone portatrici di handicap, prevede: “sostegno economico, assistenza domiciliare, inserimento in strutture residenziali e in centri diurni, inserimenti lavorativi, Centri Socio Formativi, interventi finalizzati al superamento di barriere architettoniche, educativa territoriale” http://www.comune.asti.it/index.php?id_oggetto=13&id_cat=0&id_doc=492
Sembra che, per occuparsi di
disabilità, sia sufficiente garantire qualche trasporto per motivi scolastici o
contrastare le barriere architettoniche. Se ciò pare del tutto inadeguato anche
per quei disabili che avrebbero la possibilità (il motivo e l’occasione) di
uscire da casa, per gli altri sono previste l’assistenza domiciliare o
l'inserimento in strutture residenziali, che sono entrambi ottime soluzioni che
permettono di spossessarsi completamente di tutte le iniziative successive alla
garanzia della pura sopravvivenza fisica.
Un solo cenno al problema dei
trasporti in città, dove, a parte qualche autobus, non esistono veicoli
attrezzati al trasporto di carrozzine, se non al prezzo di un taxi
particolarmente costoso, in una città dove le carrozzine non rappresentano il
mezzo più adatto ad affrontare i saltelli tra le losanghe di pietra e di
porfido di cui è ricco il centro cittadino.
Non una parola sulla qualità della vita, sull'inclusione e sulla re-inclusione sociale, sulle opportunità di socializzazione per disabili motori gravi, soprattutto nella fascia di età tra i 18 e i 65 anni.
La filosofia che sta alla base dell'organizzazione e degli interventi da questa posti in essere è, in buona sintesi, dal punto di vista della disabilità motoria adulta, puramente riparatoria e assistenzialistica, priva di una progettualità che sappia davvero essere in grado di rendere disponibili per la comunità le risorse residue che ciascun disabile motorio possiede.
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