Vita Indipendente e ISEE: il nuovo contesto del welfare


(Segreteria Operativa di ENIL Italia*)
La crisi mondiale e italiana, i pericoli di un costante peggioramento, nel nostro Paese, per la situazione delle persone con disabilità, con l'inaccettabile prospettiva di un ulteriore regresso del welfare: vertono su questo e su molto altro ancora le analisi e le proposte di ENIL Italia (European Network on Independent Living), il cui ampio approfondimento si conclude dichiarando di volersi muovere «dalla Costituzione Repubblicana, giustapposta alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e di voler impegnare tutte le proprie energie, per impedire che diventino reali gli scenari più cupi»


Nel panorama evolutivo dell'economia mondiale, sempre più in profonda crisi, dovuta all'effetto della cosiddetta "globalizzazione", l'Europa, e in particolare i Paesi dell'area del sud, sono costretti a interventi di razionalizzazione del debito pubblico accumulatosi negli ultimi decenni.
Nel nostro Paese, infatti, tante sono le anomalie - una fra tutte la grande evasione fiscale - che contribuiscono all’andamento negativo, culminante nella posizione da "maglia nera europea". Solo la Grecia ha una situazione peggiore di quella italiana.
La successiva e necessaria corsa ai ripari, che aprirà un'obbligata stagione di rigore, potrebbe generare manovre economiche ad effetto devastante sulle categorie più deboli, arretrando paurosamente dalle posizioni raggiunte negli ultimi anni.
Tale linea non può prescindere dalla presa d'atto di posizioni di retroguardia e contraddittorie da parte della politica europea e italiana. Infatti, tranne qualche eccezione, sovente i ceti politici nazionali e/o europei assumono decisioni inadeguate nella gestione dell'attuale fase del "sistema mondo", che si traducono in una netta sproporzione di potere e ruolo fra economia finanziaria e politica globale e di area. Questo comporta che la subalternità e la frantumazione della politica sia incline a soluzioni tampone, votate a tagliare e a precludere, nella mera speranza di risolvere problemi che non sono di congiuntura, ma di sistema globale.
Erroneamente si ritiene ancora che la decisione di lavorare sugli effetti, prescindendo dalle cause, costituisca la soluzione più semplice e rapida, magari per taluni anche corretta. Di contro, questo abbaglio ideologico della "corsa all'indietro" comporta solo devastazione e conflitto sociale, violazione degli istituti di diritto verso chi è più esposto. Insomma, un arretramento sociale di portata storica, segnato da vittime e caos, quindi da instabilità e perdita di consenso e finanche da delegittimazione politica. Questo rappresenta l'effetto deturpante di una politica mondiale prona e impreparata verso i poteri finanziari globali.
Occorre invece prendere atto che stiamo vivendo una crisi epocale e sistemica e che quindi occorrono cambiamenti world system, adeguati cioè alla dimensione quantitativa e qualitativa dei fenomeni, tenendo conto delle loro peculiarità. Ovviamente, detti cambiamenti devono riguardare anche le specifiche tematiche di cui noi ci occupiamo, ma la discussione deve vertere su contenuti quantitativi-qualitativi, modi e tempi adeguati.

Restando in forma più diretta sulle nostre vicende, le contraddizioni sono alquanto più stridenti se si osserva che, mentre da una parte vengono sviluppate - e anche adottate con ratifiche - Direttive e Convenzioni Internazionali mirate a difendere i diritti fondamentali, l'inclusione sociale delle persone con disabilità e l'importanza della centralità del welfare su di esse, dall'altra parte le manovre statali, con la scure dei tagli economici, colpiscono inesorabilmente quelle buone intenzioni.
Nei casi peggiori, come nel Disegno di Legge Delega sulla riforma assistenziale (n. 4566), si annuncia addirittura l'abolizione dell'indennità di accompagnamento, che per ora è un diritto soggettivo per le persone disabili in condizione di gravità, con il tentativo di trasformarla in una prestazione legata al reddito anziché al bisogno. Un intervento, questo, reso necessario, secondo il Governo Berlusconi, per contrastare le presunte "false invalidità" che avrebbero generato l'impoverimento dell'Italia. In realtà, un messaggio culturalmente deleterio e retrogrado, che generalizza la persona disabile come un "peso costoso e inutile" per la società, tale da poter giustificare ulteriori e ingenti costi statali per la cosiddetta "caccia al finto invalido". Costi che sono stati recentemente analizzati da esperti e docenti di politica sociale e che dimostrano in realtà un risparmio insignificante (circa l'1% dell’intera spesa sulle invalidità) e un pericoloso peggioramento nell'immagine della persona disabile tra la collettività [si confronti a tal proposito, nel nostro sito, il testo di Carlo Giacobini intitolato Falsi dati e veri invalidi, cliccando qui, N.d.R.].
Il Forum del Terzo Settore - organismo cui aderiscono decine di associazioni, compresa la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) - sottolinea poi l'attenzione posta sul tema della riforma fiscale e dell'assistenza, riferendosi in particolare a ciò che il nuovo presidente del Consiglio Monti ha coscienziosamente dichiarato: «Dovremmo pervenire al più presto a una definizione di tale riforma e a una valutazione prudenziale dei suoi effetti. Dovranno inoltre essere identificati gli interventi volti a colmare l'eventuale divario rispetto a quelli indicati nella manovra di bilancio». Dichiarazioni in linea, per altro, con quelle della Corte dei Conti, che già aveva espresso un parere fortemente negativo sui contenuti del progetto di riforma [se ne legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].
Sono le vere persone disabili, in realtà, che hanno subìto in questi ultimi anni l'evidente perdita del potere di acquisto dovuta all'inflazione, ma molto più del dato che l'ISTAT ha calcolato sulla media italiana nello 0,6% per il 2010 e che si ripercuote ulteriormente nella diminuzione della quota che le famiglie risparmiavano negli anni passati. In più, la soppressione (reale) del Fondo Statale per la Non Autosufficienza e quella (sostanziale) del Fondo per le Politiche Sociali, che fornivano denaro alle Regioni per i servizi di base, obbligano le stesse a modificare i criteri dei regolamenti per l'accesso alle prestazioni, inserendo ad esempio l'ISEE [Indicatore Situazione Economica equivalente, N.d.R.] relativo al nucleo familiare, generando situazioni di contenziosi, ricorsi giuridici, ritardi per la burocrazia assurda, recando in sostanza forte danno alle persone disabili, che aumenta di pari passo con l'innalzarsi della gravità.
Il federalismo fiscale ma non solidale completa il quadro negativo: ogni Regione può di fatto decidere, in autonomia e secondo i famosi "vincoli di bilancio", gli interventi finanziari sul sociale, che generano disparità di trattamenti da Nord a Sud.

Questi aspetti molto importanti influiscono in modo particolare sulla questione del reddito della persona disabile in condizione di gravità.
Il primo punto chiaro e ormai ampiamente dimostrato è che - a parte pochissime eccezioni - le persone con un handicap grave hanno un reddito e un patrimonio insignificanti o comunque nettamente inferiori a quelli delle altre persone. Per cui un disabile grave - pur avendo meno soldi di chi è normodotato - con l'ISEE si trova a dover contribuire anche al costo di prestazioni per le quali chi è normodotato non deve pagare nulla, perché non gli sono necessarie.
Sono in realtà prestazioni riferite alle necessità primarie della persona fisica, quali alzarsi, coricarsi, mangiare, bere, curare l'igiene ecc., correlate però indissolubilmente alla possibilità di comunicare e di spostarsi. Insomma, sinteticamente, l'esercizio delle libertà fondamentali.
Inoltre, le prestazioni a tal fine fornite dagli Enti Pubblici sono in generale largamente insufficienti, obbligando i disabili gravi ad arrangiarsi per conto proprio, per tanti aspetti fondamentali della vita.
I disabili gravi che scelgono l'assistenza personale finalizzata alla piena inclusione sociale - secondo il principio dell'autodeterminazione e le altre caratteristiche di questa innovativa modalità - necessitano di prestazioni essenziali della vita, strettamente connesse all'esercizio delle libertà fondamentali. Le Regioni che hanno attivato finanziamenti mirati alla Vita Indipendente seguono propri regolamenti che - come già è stato scritto - per esigenze di bilancio tendono a definire quote di compartecipazione anche per le persone con disabilità in condizioni di gravità.
Le Associazioni di persone con disabilità che da anni lottano per l'affermazione del diritto all'assistenza personale autodeterminata, in alcuni territori sono riuscite a contenere queste ingiuste interpretazioni, evidenziando il fatto che questa modalità di scelta si riferisce a interventi per il sostegno della residua autonomia personale e non alla cura dell'individuo. Ad esempio, nelle Linee Guida della Regione Piemonte è ben specificato che tali provvedimenti sono «finalizzati al raggiungimento della piena autonomia personale che non devono essere interpretati come interventi di sostegno al nucleo familiare, azione peraltro, già ricompresa nei finanziamenti di cui alla l. 162/98, né come interventi sostitutivi dell'attività di assistenza tutelare, né come interventi di carattere sanitario di competenza infermieristica e/o riabilitativa».
Gli stessi concetti sono presenti in una Legge Regionale della Toscana del 2010, nelle Delibere del Veneto, del Friuli Venezia Giulia, delle Marche, del Lazio (Comune di Roma), dell'Umbria, dell'Abruzzo, della Sardegna e nella Legge del Molise del 2010, prima specifica Legge Regionale sui finanziamenti relativi ai Progetti di Vita Indipendente [della Legge del Molise si legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].

Riferimenti alla Costituzione italiana in materia di ISEE**

Il diritto di scelta dell'assistenza personale in forma autogestita e autodeterminata ha a che fare direttamente con l'inviolabilità delle libertà di cui all'articolo 2 della Costituzione Italiana, perché, senza Vita Indipendente, un disabile non può esercitare la libertà personale, viene privato dell'inviolabilità del domicilio e, a volte, della libertà e segretezza della corrispondenza.
Inoltre, senza adeguata assistenza personale, ai disabili gravi viene impedito il pieno esercizio di altre libertà fondamentali e inviolabili, quali:
- la libertà di circolazione;
- il diritto di riunione e di associazione;
- la libertà di religione;
- la libertà di manifestazione del pensiero;
- il diritto inviolabile di ricorrere al giudice;
- la libertà di formarsi una famiglia, e altre ancora.
Insomma, i disabili gravi vengono privati in larga misura di quasi tutte quelle libertà che la prima parte della Costituzione tutela con il valore sacro dell'inviolabilità. Ovvero, la Vita Indipendente è così elementare e importantissima che trova la sua piena tutela già nell'articolo 2 della Costituzione del 1948.
La negazione della Vita Indipendente impedisce inoltre ai disabili di prevenire il sorgere di una serie di sintomi di natura medica, anche molto gravi, che in genere portano a una morte precoce. Quindi, se si ostacola questa scelta, si viola anche il fondamentale diritto costituzionale alla salute.
Ci sono almeno tre norme di legge nazionali secondo le quali, davanti al giudice, il disabile è considerato "parte debole". Questo vuol dire che egli dev'essere agevolato, quando i suoi diritti vengono violati, al punto da avere necessità di ricorrere al giudice. A tal proposito è risaputo che chi deve vivere in istituti non può esercitare le libertà fondamentali ed è in condizioni ove viene meno l'articolo 24 della Costituzione, secondo il quale ognuno ha diritto di ricorrere al giudice per tutelare i propri diritti.
Va poi osservato che, senza un'adeguata assistenza personale per la Vita Indipendente, per molti disabili è impossibile formarsi una famiglia e altri ancora sono costretti a interrompere il rapporto con il partner per via dei pesi assistenziali troppo alti da sostenere. Vi è insomma una spudorata violazione dell'articolo 31 della Costituzione sulla protezione della famiglia, e quindi anche dell'articolo 3 perché i disabili vengono costretti a un'altra grave situazione di inferiorità.
Un ulteriore punto fondamentale della Costituzione è contenuto nell'articolo 97, laddove si stabilisce che la Repubblica dev'essere imparziale. Cioè, ad esempio, un concorso pubblico, o un appalto pubblico, devono essere vinti da chi dimostra di avere una maggiore competenza. Questo punto dell'imparzialità è così importante da essere più volte ripreso dalla legislazione ordinaria e si possono contare molte sentenze in proposito.
Gli stessi diritti di cittadinanza (civili, politici e sociali) sono disattesi: è impensabile, ad esempio, per una persona disabile che dispone di un progetto di assistenza in forma indiretta, cambiare casa e trasferirsi in un'altra Regione, mantenendo il diritto al finanziamento.
Altro punto fondamentale: l'articolo 2 della Costituzione unisce l'inderogabilità della solidarietà (politica, economica e sociale) all'inviolabilità delle libertà fondamentali. Cioè a dire che la prima disposizione giuridica della Costituzione stabilisce che non solo la Repubblica dev'essere solidale, ma deve prestare la propria solidarietà rispettando le libertà inviolabili dell'individuo. Qui c'è il cuore della Vita Indipendente.

Si può sintetizzare che la Vita Indipendente significa organizzare le agevolazioni e i servizi, in modo che anche chi ha gravi disabilità possa autodeterminare la propria vita, ovvero esercitare almeno i diritti inviolabili, al pari delle persone normodotate. E allora, secondo questo nobile principio della solidarietà, indicato anche nelle norme del federalismo, che dovrebbe operare equilibrando l'economia tra le Regioni, perché non disporre norme per una "compensazione sociale a percentuale", con i lauti e spropositati stipendi delle cariche istituzionali e politiche, con i beni confiscati tramite il controllo dell'evasione fiscale e fraudolenta, e con un decisivo raziocinio dei tanti sprechi tipici del nostro bel Paese?

Il ricorso all'ISEE venne introdotto dal Governo Prodi e, riguardo alla situazione delle persone con disabilità grave, è determinato da un coefficiente maggiorato prima di 0,5 e poi di 0,8 punti che considera, in pratica, la presenza in una famiglia di un secondo figlio. Appare tuttavia evidente che i costi relativi a un handicap grave sono molto più sostenuti di quelli riferiti a un figlio normodotato.
Studi qualificati in materia definiscono che il coefficiente di tali costi dovrebbe essere almeno di 10 punti, il che andrebbe a generare un livello altissimo dell'ISEE rendendolo di fatto inutile. Si deduce quindi che l'ISEE applicato alla disabilità grave viola il comma 1 dell'articolo 3 della Costituzione perché tratta in maniera poco diversa situazioni (normodotate e disabili) radicalmente differenti.
Anche il comma 2 dell'articolo 3 - che parla di rimozione degli ostacoli economici e sociali che limitano la libertà e l'uguaglianza dei cittadini - è disatteso. L'ISEE, infatti, introduce la compartecipazione alla spesa, il che significa tornare indietro in materia di superamento della disabilità e quindi in contrasto con il predetto comma. Inoltre, l'articolo 2 della Costituzione, come già sopra citato, parla di «adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Obbligare le persone disabili gravi a pagare per servizi necessari alle funzioni vitali è ovviamente in contrasto col principio di solidarietà e quindi, per tutte queste ragioni, se si ha un minimo di rispetto per la Costituzione, è indispensabile togliere l'handicap grave dall'ISEE.
Molti sono i ricorsi presentati da persone disabili in condizioni di gravità che si sono trasformati in sentenze a favore, sulla questione del ricorso all'ISEE.
Si ricorda infine che la Regione Toscana è stata la prima ad avere accolto questa proposta, inserita nella Legge Regionale 65/10, presentata dall'Associazione Toscana Paraplegici (ATP) e dall'Associazione Vita Indipendente (AVI) della Toscana.
In tutto questo contesto è fatto d'obbligo ricordare che la non discriminazione dei disabili è strettamente legata all'eguaglianza, principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico. Di conseguenza, la negazione del diritto di scelta dell'assistenza personale per una Vita Indipendente si traduce in una discriminazione.
La Legge 67/06 stabilisce norme significative in questo campo e mette a disposizione delle persone con disabilità alcuni strumenti importanti, per certi versi in linea con le norme dei Paesi più avanzati in materia. Esaminando con particolare attenzione da un lato le questioni giuridiche e dall'altro le esigenze di chi vive le discriminazioni direttamente sulla propria pelle, tale norma prevede anche l'intervento del Giudice. E l'Unione Europea, dopo avere impiegato per un quinquennio fondi cospicui a tal fine, decise di dedicare l'intero anno 2007 proprio al tema della non discriminazione.

Le strategie

ENIL Italia ONLUS (European Network on Independent Living), dal 1991 opera su tutto il territorio italiano e in Europa, grazie a persone disabili e a loro alleate, motivate e convinte del valore della scelta e dello sviluppo dei princìpi del Movimento della Vita Indipendente, nato negli Stati Uniti negli anni Settanta e successivamente diffuso in Europa e in Italia.
Forte di questa ventennale esperienza, ENIL Italia si propone come punto di riferimento e interlocutore disponibile all'approfondimento delle tematiche correlate alla Vita Indipendente delle persone con disabilità e all'avvio di percorsi programmatici mirati allo sviluppo e alla diffusione di essa, da intendersi come profilo tecnico-assistenziale e nello stesso tempo come condotta di vita possibile, tramite la scelta dell'assistenza personale in forma autogestita e autodeterminata.
Un tale modello di welfare e di cambiamento culturale e progettuale ha come primo intento la reale centralità della persona con disabilità e la sua inclusione nella società, rivalutandone i diritti e le potenzialità, ma anche le responsabilità.
Le stesse persone disabili, così supportate e organizzate, consapevoli dei loro diritti e anche dei loro doveri, possono oggi concorrere a costruire una società solidale e giusta, senza barriere, dinamica, competitiva sotto l'aspetto della spesa sociale, ridisegnata nel segno di un'efficienza progettata coniugando l'aspetto tradizionale dei servizi con la personalizzazione delle risorse, in base ai bisogni non uguali delle persone disabili.

E tuttavia ENIL Italia avverte fortemente il pericolo che queste belle prospettive restino per sempre solo buone intenzioni. Con l'ultima Manovra Finanziaria Correttiva, siamo infatti di fronte all'evidente aumento del costo dei beni primari, che genera ulteriore perdita del potere di acquisto delle pensioni sociali e di disabilità, e quindi grave precarietà. Una stridente politica, questa, molto distante da quell'equità tanto sbandierata, ma nella realtà giornaliera sempre più affossata.
Inoltre, la "metodologia da diktat" adottata dall'INPS, con il blocco delle pensioni collegate ai redditi, iniziata il recente 2 gennaio (Messaggio n. 47 dell'Istituto), è un altro esempio che fa il paio con la diffamante "campagna contro i falsi invalidi" rilevata da fonti autorevoli, non ultimo «Il Sole 24 Ore» (articolo di Cristiano Gori del 3 gennaio 2012 ["Il welfare e il nodo dei falsi invalidi", disponibile cliccando qui, N.d.R.]), che evidenzia come l'INPS abbia fatto solo «un grosso buco nell'acqua, recando un danno d'immagine verso le vere persone con disabilità», con palesi limiti nel giustificare i suddetti indiscriminati interventi [su questo torniamo a segnalare, nel nostro sito, anche il recente contributo di Carlo Giacobini, intitolato Falsi dati e veri invalidi, disponibile cliccando qui, N.d.R.].

Anche se il dato definitivo dei falsi invalidi dovesse attestarsi poco oltre l'1% (forbice stimabile per eccesso intorno al 3%), il discorso di fondo non cambierebbe. Pertanto, forti della nostra etica, esperienza e coerenza, teniamo a precisare questo: perché coloro che tanto si dimenano contro i "falsi", omettono sempre di dire che costoro sono stati costruiti grazie a connivenze ben strutturate e reiterate fra ceto politico e corporazione medica?
Inoltre, è altrettanto evidente che si tratta di una funzione spezzabile solo con una seria riforma strutturale dei criteri di accertamento. Di fatto, bisogna superare la vecchia concezione medico legale (un notorio cimelio positivista) basata sulle percentuali e questo è possibile ratificando il metodo ICF, promulgato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2001. Solo cosi, infatti, si potrà risolvere la questione in modo scientificamente adeguato e definitivo e se veramente si vuole agire con rigore, occorre questo cambiamento.

Per questi motivi ENIL Italia propone che si stabilisca in ogni Regolamento Regionale:
- la ratifica dei princìpi contenuti nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, sulla base della Legge 18/09, con particolare attenzione agli articoli 3 (Princìpi generali) e 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della stessa;
- il riconoscimento della possibilità di scelta dell'assistenza personale autogestita in forma indiretta, almeno al pari dell'assistenza diretta, per le persone disabili che ne facciano richiesta;
- l'esenzione dalla presentazione della dichiarazione ISEE per le prestazioni necessarie al superamento dell'handicap grave e al sostenimento dell'autonomia personale in situazioni di Vita Indipendente.
Importante è sottolineare tra l'altro che quest'ultimo esonero eviterà molti possibili abusi, favorendo la persona disabile grave che è davvero intenzionata ad integrarsi nella società e che, viceversa, non avrebbe nessun beneficio pratico.

ENIL Italia è membro del Gruppo 3 (Autonomia, Vita Indipendente, Empowerment della persona con disabilità), all'interno dell'Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, presieduto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed è disponibile a sviluppare strategie mirate all'accrescimento della consapevolezza delle persone disabili, alla partecipazione ai lavori di studio mirati a un modello di ISEE equo - che sia coerente e che rispetti i princìpi della Convenzione ONU e della Costituzione italiana - a una class-action rivolta a un'applicazione giuridica sostanziale delle libertà fondamentali anche per le Cittadine e i Cittadini con disabilità e all'ottenimento dell’assistenza personale quale scelta possibile senza vincoli.
Si pone al pari e al fianco delle altre organizzazioni e federazioni che da sempre lottano contro chi utilizza falsi stereotipi culturali per arretrare rispetto alle faticose conquiste che hanno portato più persone con disabilità a una maggiore uguaglianza e integrazione sociale, ciò che per molti, purtroppo, è ancora un obiettivo lontano.
Oggi le persone disabili possono e devono coalizzarsi e cercare alleati per reagire con forza e intelligenza e riappropriarsi di una dignità frequentemente calpestata.
Lo Stato italiano, negli ultimi trent'anni, ancorché molto spesso con risorse insufficienti, ha assunto impegni in campo riabilitativo, per il superamento delle barriere architettoniche, per l'inserimento scolastico, per il lavoro mirato e per esemplari esperienze pilota in materia di assistenza in forma autogestita. Ragionando nell'insieme, i risultati tendenziali sono visibilmente positivi e il dato è dimostrabile. Bene, dovrebbe essere ovvio che tutto ciò non si debba sprecare, creando le condizioni affinché le persone disabili ritornino all'abbandono, quindi nelle istituzioni totali.
Se il Governo ha recentemente disposto di fare scontare agli arresti domiciliari l'ultimo periodo (fino a un anno) di detenzione ai carcerati, per abbattere gli esorbitanti costi della detenzione, oltre che per far fronte al problema del sovraffollamento, dovrebbe anche considerare l'enorme costo a carico della sanità riguardante la "carcerazione coatta" delle persone disabili costrette negli istituti. Un costo che aumenta in proporzione alla minor autonomia possibile e che in molte situazioni viene tenuto nascosto, per il mantenimento delle catene fraudolente da parte dell'industria della sanità e della disabilità.
La prospettiva inaccettabile di un ulteriore regresso del welfare si tradurrebbe in notevoli costi finanziari per la collettività, oltre che in gravi effetti culturali, sociali e psicologici (finanche psichiatrici) su di noi.
Muovendo dalla Costituzione Repubblicana, giustapposta alla citata Convenzione ONU, impegneremo tutte le nostre energie in sede politica e giudiziaria affinché questo scenario non diventi reale!

*ENIL Italia ONLUS è l'European Network on Independent Living. Germano Tosi è l'attuale presidente di ENIL Italia (European Network on Independent Living)
**Parti di questo capitolo sono state curate da Raffaello Belli e sono reperibili anche nel sito internet dell'AVI (Associazione Vita Indipendente) Toscana.


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